Riduzioni: over 65 anni, possessori della Carta dello Spettatore di FTS, iscritti alle associazioni teatrali del comune di Arezzo legalmente riconosciute, dipendenti dell’Ente promotore, soci Coop
L'Organizzatore si riserva il diritto di chiedere allo spettatore l’esibizione del documento comprovante il diritto alla riduzione oltre al titolo d’ingresso.
Organizzatore: Fondazione Guido d’Arezzo
sezione teatri 0575377439
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uno spettacolo di Paolo Genovese con (in o.a.) Dino Abbrescia, Alice Bertini, Marco Bonini, Paolo Calabresi, Massimo De Lorenzo, Lorenza Indovina, Valeria Solarino scene Luigi Ferrigno
costumi Grazia Materia
luci Fabrizio Lucci
produzione Nuovo Teatro
diretta da Marco Balsamo/ Fondazione Teatro della Toscana /Lotus Production
Paolo Genovese firma la sua prima regia teatrale portando in scena l’adattamento di Perfetti sconosciuti, una brillante commedia sull’amicizia, sull’amore e sul tradimento, che porterà quattro coppie di amici a confrontarsi e a scoprire di essere “perfetti sconosciuti”. Ognuno di noi ha tre vite: una pubblica, una privata ed una segreta, un tempo quella segreta era ben protetta nell’archivio della nostra memoria, oggi nelle nostre sim. Cosa succederebbe se quella minuscola schedina si mettesse a parlare? Durante una cena, un gruppo di amici decide di fare un gioco della verità mettendo i propri cellulari sul tavolo, condividendo tra loro messaggi e telefonate. Metteranno così a conoscenza l’un l’altro i propri segreti più profondi…
Durata 1h20
Riduzioni: over 65 anni, possessori della Carta dello Spettatore di FTS, iscritti alle associazioni teatrali del comune di Arezzo legalmente riconosciute, dipendenti dell’Ente promotore, soci Coop
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Duo D’eden/Grosse Fugue/Bolero
coreografie Maguy Marin, Michele Merola
produzione MM Contemporary Dance Company
Programma della serata
DUO D’EDEN
coreografia e colonna sonora Maguy Marin
coreografia rimontata da Cathy Polo e Ennio Sammarco
costumi Montserrat Casanova
luci Alexandre Béneteaud
maestro ripetitore Enrico Morelli
interpreti MM Contemporary
Dance Company
“Due corpi, come nudi, avanzano in scena, si avvinghiano l’uno all’altro e non si lasciano più. Un uomo e una donna con i corpi che si attirano e si aggrappano, congiunti l’uno all’altro fino a diventare indissolubili. Lei, una liana che si avvolge, si attorciglia. Lui che la tiene, la ritiene, la sostiene. C’è qualcosa di mitico nella loro danza, in questa fusione totale di due esseri che diventano uno per non separarsi più. […]”
Yasmine Tigoe
GROSSE FUGUE
coreografia Maguy Marin
coreografia rimontata da Dorothée Delabie
musica Ludwig van Beethoven, Die Grosse Fuge, op.133
costumi Chantal Cloupet
luci Alexandre Béneteaud
maestro ripetitore Enrico Morelli
interpreti MM Contemporary Dance Company
Quattro donne e un brano musicale straordinario come Die Grosse Fuge: la personale lettura di Maguy Marin dell’opera di Ludwig van Beethoven, considerata una pietra miliare del rapporto tra musica classica e danza contemporanea, si basa su un dialogo costante, intimo, tra danza e musica, su un profondo legame tra le due arti. Dall’incontro tra le quattro donne e la musica prende forma una complessità tra la crescente forza vitale dell’essere femminile e lo stato di entusiasmo e disperazione di questa partitura.
BOLERO
coreografia Michele Merola
musica Maurice Ravel, Stefano Corrias
disegno luci Cristina Spelti
costumi Alessio Rosati
con la collaborazione di Nuvia Valestri
interpreti MM Contemporary Dance Company
Nella versione di Merola, Bolero viene dunque raccontato come una non-storia, fantastica ma possibile, comunque pertinente al mondo reale. Dagli allusivi colpi di tamburo rullante iniziale, sino alla esplosione finale dell’intera orchestra, la danza, in stretta simbiosi con la musica, veicola una sorta di astratta fiaba amara, allegoria del dolore di vivere e dell’incomprensione fra esseri umani. Così Bolero diventa metafora della nostra esistenza, stretta nei doppi binari che ciascuno sperimenta nel corso della propria vita, fra contrasto e dialogo, seduzione e disinganno, sorpresa e sconcerto.
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di Jean Racine
traduzione di Giovanni Raboni
regia Federico Tiezzi
con Martino D’Amico, Valentina Elia, Elena Ghiaurov, Alberto Boubakar Malanchino, Marina Occhionero, Bruna Rossi, Massimo Verdastro
scena Franco Raggi, Gregorio Zurla e Federico Tiezzi
costumi Giovanna Buzzi
luci Gianni Pollini
canto Francesca Della Monica
movimenti coreografici Cristiana Morganti
produzione Emilia Romagna Teatro ERT – Teatro Nazionale/ATP Teatri di Pistoia – Centro di Produzione Teatrale/Compagnia Lombardi-Tiezzi
Con questo dramma borghese, ambientato in una Grecia di cui restano solo rovine, quasi un Ibsen ante-litteram, venato di umori freudiani, Federico Tiezzi torna al mito classico insistendo sull’indagine dei personaggi, le loro trasformazioni sotto la forza di un desiderio che è colpa e peccato, spingendosi alla suggestione di una vera e propria seduta psicanalitica. Tiezzi sceglie di confrontarsi con la versione più moderna e complessa di Fedra, quella di Jean Racine, che si ispirò alle versioni del mito tramandate da Euripide e da Seneca. Nel palazzo reale di Trezene, in una Grecia mentale e onirica, Fedra si dibatte nella morsa di una passione tanto irrefrenabile quanto impossibile: ama il figliastro Ippolito, figlio di primo letto del marito Teseo. Non ricambiata nella passione, Fedra calunnia Ippolito di un tentativo di stupro. Il ritorno di Teseo sarà il segnale di un inesorabile tracollo, che farà precipitare gli eventi verso la tragedia.
Durata 2h
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Monica Guerritore
foto Massimo Sestini
produzione Lumina Mgr
distribuzione esclusiva AidaStudio
Produzioni coordinamento artistico e distribuzione Elena Marazzita
Monica Guerritore straordinaria interprete teatrale ed affascinante protagonista per il cinema e la televisione, diventata negli anni anche scrittrice, autrice, regista e sceneggiatrice, a 50 anni dal suo debutto nel 1974 si regala una serata speciale e racconta per la prima volta, a cuore aperto, i segreti del “dietro le quinte”, delle tante sere speciali, i percorsi, le sfide e gli inciampi che il pubblico non conosce, portando in scena i monologhi più appassionati e le musiche che li hanno accompagnati. Con La sera della prima il pubblico ripercorre con lei le avventure di tante produzioni che sono rimaste nell’immaginario collettivo: Monica evoca, interpretandoli, la magia di spettacoli che l’hanno vista protagonista in ruoli celebri dalle personalità complesse come Madame Bovary, Oriana Fallaci, Giovanna D’Arco, rivelando i tradimenti, gli errori, le paure e le risate matte, condividendo aneddoti irresistibili che solo il mondo del teatro conosce. La sera della prima rappresenta una straordinaria occasione per ritrovarsi, per rivivere una storia e per assaporare insieme il misterioso percorso di una giovanissima interprete diventata donna sul palcoscenico. Una sincera riflessione sul senso più profondo della scelta di un mestiere, di una continua ricerca nel ridare verità e spessore al racconto delle sue donne.
Durata 1h
Orietta, un personaggio secondario di un film dell’orrore, sta per essere raggiunta da un misterioso assassino, ma riesce a inaspettatamente a sfuggirgli uscendo da uno strappo dello schermo. Si ritrova in una sala cinematografica deserta dove incontra Moira, la maschera del cinema. Moira pensa di essere impazzita, ma deve ricredersi perché Orietta ora è viva e le chiede aiuto. La trama del film si inceppa e Moira, temendo di perdere il posto di lavoro, cerca di convincere Orietta a ritornare nel film per farsi assassinare. Ma Orietta è decisa a cambiare il suo destino. E anzi, vorrebbe diventare sua amica. Mentre sullo schermo i personaggi girano a vuoto, Moira si confida: è una donna disperata, che vive una relazione tossica, da cui non riesce a uscire. La situazione si rovescia. Adesso è Orietta che incoraggia Moira a trovare lo “strappo” per scappare da una storia dell’orrore. E alla fine sarà proprio lei a salvarla. Con una inedita interazione fra Teatro e Cinema, con una comicità dai ritmi incalzanti, la nuova commedia di Edoardo Erba ci tiene sospesi in un mondo di mezzo fra realtà e fantasia, e va dritta al cuore, attraversando con leggerezza i nostri incubi peggiori.